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Benvenuti all’inferno anche oggi.

Oggi mi domando e vi domando: Se voi foste amici di una persona incriminata per traffico di minori, riterreste un privilegio andare a fargli visita nella sua isola privata? Ecco, è esattamente quello che è appena successo in America. Ora infatti vado a parlarvi degli ultimi sviluppi della faccenda Epstein, una storia che Trump cerca disperatamente di rimuovere dall’attenzione della sua base elettorale, e che allo stesso tempo, non fa altro che ingarbugliare ancora di più.

Io sono Max, analizzo da più di 4 anni notizie di attualità su tutte le piattaforme dove possono monetizzare le mie opinioni non richieste, e questa è Rassegna Stampa. Siete ufficialmente in trappola per i prossimi 10 minuti. Circa. Andiamo agli ultimi fatti.

Donald Trump ha dichiarato pubblicamente di "non aver mai avuto il privilegio" di visitare l’isola privata di Jeffrey Epstein, quando il finanziere pedofilo era ancora in vita. La famigerata isola privata in questione, “Little Saint James”, è stato il luogo centrale delle accuse di traffico di minori di Epstein. E Trump ha proprio utilizzato la parola “privilegio”, non scherzo. Durante un incontro con la stampa in Scozia il 28 luglio 2025, infatti, il capo della Casa Bianca ha detto di aver ricevuto un invito a recarsi sull’isola ma di averlo rifiutato. Trump ha inoltre cercato di distanziarsi dalla questione, sottolineando che altre personalità pubbliche avrebbero accettato l’invito del criminale, tra cui l’ex Presidente democratico Bill Clinton (”Ci è andato 28 volte”, ha dichiarato Trump). Il presidente americano, a seguito di diversi articoli che hanno confermato la presenza del suo nome nei file di Epstein, presenza che lui ha negato fino a pochi giorni, alla fine ha dichiarato che il suo nome potrebbe esser stato “piantato” dalla CIA al servizio dei democratici. Evidentemente, deve aver visto qualcosa in questi documenti, ed è dovuto correre ai ripari.

Ma non è finita qui. Trump ha pure dichiarato che la rottura della sua amicizia con Jeffrey Epstein, che risale ad oltre vent’anni fa, fu causata da un comportamento molto “inappropriato” del finanziere, che lui ha definito “un creep”, un pervertito. Parlando di una persona di questo tipo, voi penserete che si tratterà di molestie sessuali di cui Trump è venuto a conoscenza e per cui è rimasto disgustato. Mi spiace deludervi, ma non si tratta di questo. Il Presidente ha infatti specificato che il conflitto è nato dopo che Epstein gli ha “rubato” (e cito) personale dal suo club di Mar-a-Lago, in particolare giovani lavoratrici della sua spa. Il presidente, ignaro della fossa imbarazzante che si sta scavando da solo, ha spiegato che, dopo un primo avvertimento, l’ex amico “rubò” altre massaggiatrici dal suo centro, portandolo a bandirlo come persona non gradita dalla sua tenuta in Florida. Insomma, lui non era un pervertito per circondarsi di minori, per Trump il fatto grave è che gli “rubasse” le sue minori. Un sultano che ruba le donne all’altro.

Direte è finita qui? NO. Perché Trump è stato interrogato dai giornalisti sulla possibilità che una delle dipendenti sottratte fosse Virginia Giuffre, nota vittima di Epstein. Il presidente ha confermato tutto, e ha detto di credere che Giuffre lavorasse alla spa e che fosse una delle persone coinvolte in questo litigio con Epstein. Giuffre, ora anch’essa morta suicida come Epstein, aveva testimoniato di essere stata impiegata da Trump nel 2000 all’età di 16 anni. Non aggiungo altro.

Ora però entra in scena Ghislaine Maxwell. Chi è? Ex compagna e complice di Jeffrey Epstein, è stata condannata a 20 anni di carcere per traffico sessuale di minorenni come il suo uomo. Attualmente è l’unica persona in carcere per questa vicenda. Conoscendo la storia di questa donna, se foste Trump non vi terreste lontani mille miglia da lei? Ebbene, qui parliamo di Trump, e le cose non sono mai lineari.


Il capo della Casa Bianca, pur di dare l’impressione di “far qualcosa” alla sua base infuriata perchè non si ostina a non rilasciare i file completi dell’inchiesta come aveva più volte promesso, ha chiesto al suo Dipartimento di Giustizia di sentire Ghislaine Maxwell in un audizione privata durata ben 9 ore lo scorso fine settimana. Nel concedere questo colloquio, Trump ha commesso ben cinque ulteriori errori di comunicazione.

Il primo: ha concesso a Maxwell, una pedofila, l’immunità limitata, ovvero qualsiasi cosa avrebbe detto al ministero della Giustizia non sarebbe potuto esser usato contro di lei in giudizio. Il secondo errore: Trump ha persino paventato l’idea di concederle la grazia presidenziale. Le testuali parole sono state: “Non ci ho pensato, ma ho l’autorità per farlo”. E l’ha detto proprio mentre Maxwell testimoniava al suo team, quasi a suggerirle: se racconti una storia che ripulisce il mio nome, potrei graziarti dalla pena di 20 anni. Terzo: ha affidato il caso al suo ex avvocato, Todd Blanche, attualmente vice ministro della Giustizia, visto più volte in compagnia di David Oscar Markus, l’avvocato di Maxwell stessa. Doppio conflitto di interesse, insomma.

Quarte errore: affidarsi alla testimonianza di questa donna è poco credibile. Il Dipartimento di Giustizia aveva precedentemente accusato Maxwell di spergiuro per le false dichiarazioni in un procedimento civile, evidenziando la sua “propensione a mentire sotto giuramento”. Anche se tali accuse furono ritirate dopo la condanna principale per evitare ulteriori traumi alle vittime, i documenti ufficiali sottolineano la scarsa credibilità di Maxwell come testimone, come ha sottolineato la CNN.

Ma, al di là degli errori di comunicazione, alla fine Maxwell cosa ha detto a Todd Blanche? E qui arriva il quinto errore di comunicazione. Il contenuto specifico del lungo colloquio non è stato comunicato, alimentando ulteriori accuse di mancata trasparenza di questa amministrazione su Epstein. Quello che è trapelato è che Blanche l’ha interrogata su 100 nomi riguardanti possibili complici del finanziere, e che lei ha risposto a tutte le domanda, senza avvalersi della facoltà di non rispondere. E se ufficialmente nulla si sa sulla lista dei nomi, casualmente dalla Casa Bianca è emerso solo il nome di Elon Musk tra quelli presentati a Maxwell durante l’interrogatorio. Musk che è l’attuale acerrimo nemico di Trump, perché mesi fa - uscendo dalla Casa Bianca - lo ha accusato di essere nei file di Epstein. Non è sospetto per niente, non trovate?

E siccome tutta la vicenda puzza di brutto, il Congresso interamente a guida repubblicana, lo stesso partito del Presidente, ha deciso di intervenire a gamba tesa. Malgrado Mike Johnson, il leader conservatore della Camera, abbia anticipato la chiusura estiva dei lavori parlamentari per evitare voti scomodi al presidente sul rilascio dei file, la base repubblicana si è rivoltata, ed è riuscita ad ottenere la richiesta di un’audizione pubblica di Maxwell al Congresso a metà Agosto. La donna ha già accettato, ma ha chiesto immunità per le sue dichiarazioni. Per ora, i repubblicani si sono rifiutati di concederla, ma non è detta l’ultima parola. L’evento sarebbe mediaticamente incredibile, e tutta l’America ascolterebbe con estrema attenzione ogni singola dichiarazione di questa donna.

Voglio aggiungere un aspetto che aggiunge benzina al fuoco. Tutto questo parlare di Ghislaine Maxwell le ha fatto raccogliere il coraggio per spingersi ben oltre. Il suo avvocato, il già menzionato David Oscar Markus, ha infatti appena presentato alla Corte Suprema una memoria difensiva. Il legale sostiene che gli Stati Uniti abbiano violato un accordo d’immunità precedentemente garantito alla sua assistita. Tale accordo, secondo la difesa, doveva proteggere anche Maxwell dalle accuse mosse dal distretto di New York per il suo presunto ruolo nei crimini di Jeffrey Epstein. L’accordo di non incriminazione del 2007-2008, firmato in Florida con Epstein, includeva una clausola che prevedeva che nessun “potenziale co-cospiratore” sarebbe stato perseguito legalmente. La difesa di Maxwell sostiene che lei fosse implicitamente protetta da quell’intesa. La difesa accusa il governo di aver trasformato Maxwell in un capro espiatorio per i crimini di Epstein. Da notare che Maxwell non dice di non essere colpevole di pedofilia, dice solo di aver diritto all’immunità promessa dallo stato della Florida nel 2007. Insomma, la donna - grazie all’importanza che il Presidente le ha dato - sta provando a passare da carnefice a vittima per un vizio di forma.

Questi i fatti, ora veniamo a tre riflessioni finali sulla faccenda.


La prima riflessione parte da una domanda. Come mai Trump, sulla gestione del caso Epstein, non ne azzecca una? Scusate la scarsa eleganza dell’espressione, ma credo renda l’idea. Quest’uomo è conosciuto per essere un genio del marketing, ed in un certo senso lo è. Ha sempre centrato l’obiettivo, ha sempre guidato l’agenda dei media dal 2016 quando è divenuto Presidente la prima volta. Eppure, questa volta non riesce a scrollarsi di dosso questa storia di cronaca nera, a causa dei mille errori che sta commettendo. Come gli è venuto in mente di definire “un privilegio” la visita all’isola privata di un pedofilo è un mistero. Come lo è anche il fatto di associare la sua reputazione a Ghislaine Maxwell, la complice di questo criminale, addirittura ipotizzando la possibilità di graziarla.

Un recente sondaggio di YouGov sostiene che ben il 64% degli americani sarebbe contrario ad un perdono presidenziale. Notabilmente, nello stesso studio solo il 4% si dice favorevole ad una grazia, ma il 32% degli americani non ha ancora preso una posizione. Il punto rimane: perché Trump il grande comunicatore, improvvisamente, e solo su questo argomento, è così sconnesso dal suo bacino elettorale? In questo modo, pare stia proteggendo qualcuno di potente, che è il messaggio diametralmente opposto a quello che ha lanciato in campagna elettorale, ovvero quello di “ripulire la palude” di Washington. Così facendo, è diventato parte della palude.

La seconda riflessione riguarda il suo consenso in generale. Attualmente, un nuovo sondaggio di Reuters ed Ipsos registra l’approvazione di Donald Trump al 40%, il livello più basso del suo secondo mandato. La caduta è attribuita alla preoccupazione degli americani sulla gestione dell’economia. Solo il 38% degli intervistati promuove la gestione economica di Trump, un dato in lieve crescita rispetto al 35% di metà luglio, ma comunque insufficiente a invertire la tendenza negativa complessiva. Le promesse di una crescita accelerata e di benefici diffusi non convincono una parte significativa dell’opinione pubblica. E questo è particolarmente significativo per un motivo: ieri è uscito il dato preliminare della crescita del PIL americano, che nel secondo trimestre dell’anno è cresciuto del 3%, molto più delle aspettative (al 2.1%) e decisamente di più del -0.5% del primo trimestre. Eppure, questa crescita gli americani non la sentono, perché l’inflazione è cominciata a risalire a causa dei dazi. Trump potrebbe approfittare della pubblicazione dei file di Epstein per distrarre l’opinione pubblica, per rilanciare la sua immagine già perdente dopo solo 7 mesi di mandato, eppure non sta utilizzando questa carta. Perché non lo fa? Non si è tirato indietro nel pubblicare altri file secretati, ma con Epstein si fa problemi? I sospetti aumentano, anche perché dovrebbe esser interessato alle elezioni di metà mandato che si terranno nel Novembre 2026.